In psicoterapia esistono strumenti capaci di sorprendere, disarmare e trasformare profondamente la percezione del paziente. Uno di questi è il paradosso terapeutico, una tecnica che chiede alla persona di fare — o immaginare di fare — proprio ciò che teme o tenta disperatamente di evitare.
È un approccio che può sembrare assurdo, quasi provocatorio, ma che si fonda su un principio semplice: ciò che proviamo troppo a controllare finisce spesso per controllare noi.

Il paradosso è utilizzato in modo particolare nella terapia strategica breve e nella tradizione della Scuola di Palo Alto.

L’obiettivo è sciogliere meccanismi mentali rigidi e interrompere quei circoli viziosi che mantengono vivi ansia, ossessioni, comportamenti compulsivi o blocchi emotivi.

Cos’è davvero un paradosso terapeutico?

Il paradosso è un intervento che sembra contraddire la logica comune. Il terapeuta può invitare il paziente a “esagerare” un sintomo, a programmare la preoccupazione, a provare intenzionalmente l’ansia o a smettere di lottare contro un pensiero ricorrente.
Questa apparente illogicità non è un gioco, ma un modo molto preciso per scardinare il modello mentale che alimenta il problema.

Quando una persona, ad esempio, teme l’ansia, tende a monitorarla ossessivamente. Quando teme di non dormire, resta sveglia proprio a causa dello sforzo di addormentarsi. Il paradosso interviene su questo meccanismo, non contrastandolo, ma rovesciandolo.

 

Perché il paradosso funziona?

Il paradosso riduce la resistenza interna. Quando al paziente viene chiesto di fare qualcosa che teme, la sua opposizione spontanea — che spesso alimenta il problema — diminuisce.
Il paradosso sposta l’attenzione dall’evitamento all’accettazione, aprendo un percorso inatteso verso il cambiamento.

Dal punto di vista cognitivo, il paradosso costringe la mente a vedere la situazione da una prospettiva completamente nuova. L’effetto è spesso immediato: si crea uno scarto, un varco, un piccolo shock che permette alla persona di comprendere il proprio problema in modo diverso.

 

Esempi clinici: come si usa nella pratica

Nel caso dell’ansia anticipatoria, una prescrizione frequente è quella di scegliere volontariamente un momento della giornata per “preoccuparsi intensamente”. La persona scopre così che l’ansia può essere contenuta, prevista e addirittura scelta, rompendo il suo carattere imprevedibile.

L’insonnia, spesso mantenuta dallo sforzo di addormentarsi, può essere affrontata invitando la persona a impegnarsi a restare sveglia. Privata della pressione, la mente si rilassa e il sonno arriva spontaneamente.

Nei pensieri ossessivi, al paziente si può proporre di dedicare un tempo preciso alla comparsa dei pensieri, trasformandoli da intrusivi a intenzionali e modificando così il loro potere.

Il paradosso nella terapia strategica

La Scuola di Palo Alto, con Paul Watzlawick e Giorgio Nardone, ha formalizzato il paradosso come uno degli strumenti di cambiamento più rapidi e innovativi. Secondo questi autori, il problema psicologico non è solo il sintomo, ma soprattutto le tentate soluzioni che lo mantengono.
Il paradosso interrompe proprio queste tentate soluzioni, impedendo al paziente di replicare strategie inefficaci.

Non un gioco, ma un metodo preciso

Il paradosso richiede sensibilità clinica, competenza e timing. Non è adatto a tutte le persone né a tutti i disturbi, e va utilizzato con particolare cautela in presenza di traumi non elaborati o strutture psicotiche.
Ma quando applicato correttamente, può produrre cambiamenti profondi, rapidi e stabili.

Il suo valore sta nel ricordarci che, nella vita e in psicoterapia, la soluzione non sempre è nella direzione che immaginiamo: a volte, per cambiare davvero, bisogna smettere di spingere e iniziare a lasciare andare.

 

Dott.ssa Francesca Milizia
Psicologa – Psicoterapeuta
Sessuologa – Terapeuta EMDR
Riceve a Roma, Palestrina e Valmontone
📞 346.70.75.806
🌐 www.francescamilizia.it

Richiesta di appuntamento