In un mondo che esalta la perfezione, il Kintsugi insegna un’estetica opposta: la bellezza della cicatrice. Questa antica arte giapponese, usata per riparare ceramiche rotte con lacca mista a polvere d’oro, è diventata nel tempo anche un potente simbolo psicologico: guarire non significa cancellare le ferite, ma valorizzarle.

Cos’è il Kintsugi

Il termine Kintsugi significa letteralmente “riparare con l’oro”. Quando una tazza o una ciotola si rompe, invece di buttarla via o cercare di nascondere le crepe, l’artigiano le salda usando oro o argento. Il risultato è un oggetto unico, le cui linee di frattura diventano parte integrante della sua storia.

Secondo la filosofia giapponese, non si tratta solo di riparare, ma di trasformare una ferita in un’opera d’arte. Ogni crepa racconta un momento, un passaggio, un crollo… e la capacità di rialzarsi.

Il significato psicologico del Kintsugi

Dal punto di vista della psicologia, il Kintsugi offre una metafora terapeutica preziosa. Le esperienze dolorose – traumi, perdite, momenti di crisi – lasciano segni. Spesso si cerca di ignorarli o nasconderli, nel tentativo di “tornare come prima”. Ma la guarigione autentica non passa dalla negazione, bensì dall’integrazione di quelle ferite nel proprio vissuto.

Il Kintsugi ci insegna che le nostre fratture non ci rendono difettosi, ma ci definiscono, ci danno forma. Proprio come la ceramica ricostruita diventa più bella e più resistente, anche le persone che attraversano e superano le difficoltà emergono più forti, consapevoli, ricche di significato.

Quando la terapia diventa Kintsugi dell’anima

In un percorso psicologico, molte persone arrivano con l’idea di “aggiustarsi”, quasi come se fossero rotte. Ma lo scopo della psicoterapia non è eliminare ciò che ha fatto soffrire: è dare senso, luce e valore anche a ciò che ha ferito.

Il terapeuta accompagna la persona nel ricostruire una narrazione di sé che includa anche le fragilità, ma senza vergogna. Come l’artigiano che con pazienza unisce i frammenti, la psicoterapia cuce insieme esperienze e vissuti, restituendo un’immagine integrata, forte, vera.

Una lezione anche per le relazioni

Il Kintsugi può essere applicato anche alle relazioni umane. Legami spezzati, conflitti, perdite di fiducia possono essere ricostruiti, non cancellando l’errore, ma attraversandolo insieme. È la scelta di non negare la ferita, ma di accoglierla e impreziosirla con la cura, la responsabilità e il tempo.

Essere Kintsugi ogni giorno

Essere “Kintsugi” significa accettare la vulnerabilità come parte della propria bellezza. In un’epoca in cui si rincorre l’apparenza, il successo, la maschera, il Kintsugi ci riporta a una dimensione più autentica: la forza delle persone risiede anche nelle loro crepe. E la luce può passare proprio da lì.

Dott.ssa Francesca Milizia
Psicologa – Psicoterapeuta
Sessuologa – Terapeuta EMDR
Riceve a Roma, Palestrina e Valmontone
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